REGOLAZIONE DELL’INFLAMMAGING (Cipriani, Ceccarelli)
| a cura del Centro Ricerca e Studi
L'invecchiamento rappresenta il declino della funzione e dell'integrità di cellule, tessuti e organi, questo porta ad un aumento del rischio di malattie, disabilità e infine la morte.
Le cause dell’invecchiamento sono numerose e, sul piano eziopatogenetico, sono riferite ai processi di glicosilazione, infiammazione, alterazione circolatoria e liberazione di radicali liberi dell’ossigeno.
In realtà il danno cellulare finale è sempre mediato dalla liberazione dei radicali liberi dell’ossigeno.
Il danno da glicosilazione è determinato dall’aggiunta di zuccheri alle proteine con conseguente alterazione della loro funzione. In particolare, si ha la formazione iniziale delle Basi di Schiff, cui segue la formazione dei Prodotti di Amadori e, infine, dei Prodotti di Glicazione Avanzata, detti AGE.
Gli AGE, a livello cellulare, inducono l’attivazione del Fattore Nucleare KB che, a sua volta, determina la trascrizione dei geni per le citochine. In particolare il Tumor Necrosis Factor α e l’Interleuchina 6, causando infiammazione. Inoltre, l’attivazione della NADPH Ossidasi aumenta lo stress ossidativo cellulare con liberazione di radicali liberi.
I processi infiammatori, definiti con il termine Inflammaging, danneggiano tutte le
strutture biologiche. Il danno infiammatorio, che approfondiremo in seguito, induce l’attivazione dei Macrofagi M1 con liberazione di citochine infiammatorie ad azione chemiotattica per i leucociti. I leucociti attivati liberano ROS inducendo danno tissutale.
Il macrofago attivato in fase M1 produce, inolte, tirosina idrossilasi con
produzione di norepinefrina.
L’azione delle catecolamine sul microcircolo induce vasocostrizione con alterazione circolatoria.
L’alterazione microcircolatoria con riduzione della perfusione ematica ai tessuti induce ipossia acuta iniziale.
A questa segue la riossigenazione con aumento da radicali liberi dell’ossigeno. Tutti questi aumenti di ROS si possono sommare quelli derivanti dall’irregolare
metabolismo ossidativo delle deidrogenasi ridotte, nei mitocondri.
Nella catena del trasporto degli elettroni si formano normalmente radicali liberi dell’ossigeno che
possono sfuggire alla loro normale finalità (formazione di molecole di acqua)
diffondendo e inducendo danno.
I ROS determinano danno cellulare a vari livelli:
- Danno del DNA mitocondriale
- Danno dei telomeri cromosomici
- Danno lipoperossidativo delle membrane biologiche
- Induzione dell’apoptosi cellulare
Approfondiamo il danno biologico conseguente all’Inflammaging.
Fisiologicamente i processi pro-infiammatori sono regolati da processi anti-
infiammatori. Questo per evitare eccessivo danno biologico conseguente alla reazione
infiammatoria. Con l'avanzare dell’età il sistema immune subisce un graduale
deterioramento definito con il termine d’Immunosenescenza.
Nell’Immunosenescenza:
- Diminuisce il numero di mastcells
- Diminuisce la citotossicità dei NK
- Diminuisce la chemiotassi e la funzione dei neutrofili
- Aumentano i Linfociti CD 8 e diminuiscono i CD 4
- Diminuiscono le plasmacellule
- Diminuisce la fagocitosi macrofagica con aumento della liberazione di citochine
infiammatorie.
Ne consegue, inoltre, una caduta dell’immunità innata per riduzione, a livello
macrofagico, dei Toll-Like Receptors. I TLR riconoscono molecole espresse
comunemente dai batteri o dai virus come il lipopolisaccaride. Dopo il legame con la
rispettiva molecola del microbo attivano dei fattori trascrizionali che copiano i geni
che codificano le citochine infiammatorie. Tutto questo determina uno spostamento
della bilancia di regolazione dell’Inflammaging a favore delle risposte pro-infiammatorie. Questa situazione viene, poi, aggravata dalla diminuzionei del DHEA
(ormone a funzione antinfiammatoria) caratteristica dell’invecchiamento.
Nello stato d’immunosenescenza precedentemente descritto, l’istaurarsi di risposte
immunitarie (innate o adattive) verso patogeni stanziali nel nostro corpo (come il
Citomegalovirus e l’Herpes virus) inducono una riposta infiammatoria cronica e il
conseguente inflammaging. Attore principale in questa risposta è il macrofago. Questo
deriva dai monociti circolanti che, richiamati dallo stimolo chemiotattico
dell’interferone gamma nella zona infettata, si differenziano nella forma M1 e
liberano citochine infiammatorie.
In particolare, i linfociti NK (immunità innata) aggrediscono la cellula infettata dal
virus e liberano interferone gamma. Questo, a sua volta, induce il richiamo dei
monociti e la formazione dei macrofagi M1. Possiamo, infatti, distinguere due
differenti tipi di macrofagi. Quelli pro infiammatori, detti M1, che una volta attivati
sintetizzano citochine infiammatorie (IL1 e TNF), enzimi lisosomiali e ROS. E quelli
antinfiammatori, detti M2, che liberano citochine regolatrici della risposta
infiammatoria (IL10) e stimolano il processo riparativo (collagenogenesi). E’, da tutto
ciò, chiara la necessità di bloccare, nell’inflammaging, l’attività del macrofago M1 e
trasformarlo in macrofago M2.
Nel macrofago M1 attivato si hanno dei processi intracellulari che portano alla
fosforilazione della mitogen-activated protein kinase p38 e alla lettura dei geni che
sintetizzano le citochine infiammatorie. Gli antinfiammatori si inseriscono in alcuni
punti di questo processo che può essere ugualmente, e più fisiologicamente, bloccato
agendo sulla espressività genetica. La letteratura ci dice che possiamo inibire la
risposta infiammatoria mediante la metilazione del DNA dei macrofagi con l’uso della
S-adenosilmetionina.
Per comprendere questo meccanismo d’azione dobbiamo approfondire i concetti
dell’epigenetica (scienza che studia le variazioni dell’espressione genica senza
alterazione del DNA). L’espressione del DNA è regolata mediante i processi di
metilazione, le modificazioni degli istoni e l’interferenza dell’RNA. Il processo di
metilazione del DNA a livello della posizione 5 della citosina determina una regolazione
dell’espressione genica, con variazioni della risposta fenotipica che possono essere
anche ereditate. In particolare è il processo di metilazione a livello del dinucleotide Citosina-Guanina,
presente spesso a livello delle regioni promoter del DNA, che induce attenuazione
dell’espressione genica (silenziamento del gene).
Sappiamo che la trascrizione di un gene strutturale (sintesi di RNA messaggero)
richiede particolari processi di attivazione (proteine regolatrici) che consentono
l’attacco dell’RNA polimerasi e la lettura del DNA con sintesi dell’RNA messaggero. La
RNA polimerasi, per iniziare la lettura del gene strutturale, riconosce delle particolari
sequenze nucleotidiche del promoter (dette di consenso). La metilazione dei nucleotidi
di consenso determina blocco della lettura del gene e della sintesi delle proteine da
questo codificate.
Il processo di silenziazione genica attraverso la SAM utilizza una DNA
metiltransferasi che cede il gruppo metile della SAM alla cisteina. Il processo è
reversibile e la citosina metilata può essere riattivata mediante un’ossidazione iniziale
e una successiva deaminazione. Attraverso il processo di metilazione e di
demetilazione possiamo regolare l’espressività genica mediante la silenziazione o
l’attivazione del gene.
Il gruppo metile (CH3) della SAM è chimicamente reattivo e le reazioni di
transmetilazione sono presenti in più di 40 reazioni metaboliche. La SAM è anche
coinvolta nella biosintesi di neurotrasmettitori collegati all'umore (come la dopamina e
la serotonina).
Esiste un ciclo della SAM. Le metilasi utilizzano una molecola di SAM come substrato
e producono S-adenosil-omocisteina. Questa viene idrolizzata ad omocisteina ed
adenosina dalla adenosilomocisteinasi. La omocisteina viene successivamente riciclata
a metionina attraverso il trasferimento di un metile da una molecola di 5-
metiltetraidrofolato. La metionina può esser poi convertita successivamente a SAM
dalla metionina adenosiltransferasi, completando il ciclo.
Da ciò, l’utilizzazione di SAM consente la metilazione della citosina a livello del DNA
del macrofago M1 e porta alla risoluzione dell’infiammazione. La metilazione porta al
silenziamento dei geni che sintetizzano le citochine infiammatorie con riduzione
dell’inflammaging. Otteniamo così lo spostamento dell’equilibrio tra pro-inflammaging
e anti-inflammaging a favore di quest’ultimo.
Sul piano pratico effettuiamo il trattamento dello stato clinico che consegue alla
caduta della risposta immune per immunosenescenza e all’esaltazione dell’inflammaging
con attivazione dei macrofagi e liberazione di interleuchina 6 e TNF. L’interleuchina 6, liberata, svolge numerose funzioni a livello di diversi tessuti e, in particolare, a livello
epatico determina la sintesi della Proteina C Reattiva (PCR) una delle principali
proteine indice di infiammazione. Valutiamo, perciò, la PCR nel sangue del paziente
quale principale marker dell’inflammaging e indice proditorio del rischio del paziente
verso le patologie che conseguono all’inflammaging.
Oltre alla valutazione delle proteine infiammatorie, risposta oggettiva
dell’inflammaging, valutiamo anche la predisposizione genetica mediante lo studio dei
polimorfismi responsabili dell’esaltazione del processo infiammatorio.
Effettuata la valutazione, passiamo poi al trattamento, sia sistemico che locale. La
letteratura ci dice che 500 micromoli di SAM diminuiscono la secrezione di TNF e
Interleuchina 6, controllando l’infiammazione. Da ciò, calcoliamo, conoscendo il peso
molecolare della SAM, la concentrazione percentuale della soluzione da utilizzare e
utilizziamo soluzioni con 2 mg% di S-adenosil metionina..
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